Notizie Radicali
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  lunedì 04 aprile 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
20 settembre, la sfida di Don Camillo

di Guido Bedarida

«La nostra stessa Costituzione […..] come ben sappiamo nell'art. 29 intende con univoca precisione la famiglia come "società naturale fondata sul matrimonio" e ne riconosce i diritti. Per conseguenza la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che la convivenza more uxorio non può essere assimilata alla famiglia, così da desumerne l'esigenza di una parificazione di trattamento»;«la grande maggioranza delle unioni tra persone di sesso diverso si colloca nella previsione di un futuro possibile matrimonio, oppure vuole restare in una posizione di anonimato e assenza di vincoli. Anche le, assai meno numerose, unioni omosessuali non sempre sono alla ricerca di riconoscimenti legali: anzi, molte di loro ne rifuggono per principio e desiderano rimanere un fatto esclusivamente privato. Confermano tutto ciò i numeri davvero minimi delle iscrizioni ai «registri delle unioni civili in quei comuni italiani che hanno voluto istituirli».

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare quelle sopra riportate non sono le parole del Presidente della Repubblica, nè quelle del Presidente del Consiglio, si stenterà a crederci ma queste frasi balzate all’onore della cronaca il 20 settembre (anniversario della “Breccia di Porta Pia”) sono quelle di un semplice cittadino italiano fedele alla più potente monarchia assoluta del pianeta e, incredibilmente, anche pastore di anime votato al celibato, sono frasi del Presidente della Conferenza Episcopale Mons. Camillo Ruini, membro delle alte gerarchie della Chiesa Apostolica Romana.

E Monsignore ha lanciato la sua sfida. Ad intendere che il 20 settembre 1870 quella breccia nel potere della Chiesa sia rimasta oggi solo una questione di forma egli non solo si erge ad interprete vero della Costituzione dello Stato Italiano ma può permettersi di indicare cosa vi sia bisogno nel paese non riguardo alle necessità dello spirito, cosa di cui forse sarebbe in qualche modo titolato a parlare, ma nella vita quotidiana dei cittadini, delle coppie, dei loro diritti e del corpo delle leggi.

Così mentre il Presidente del Consiglio tace (e quindi acconsente), il Presidente della Repubblica vigila e noi con lui ci permettiamo, in qualità di cittadini, qualche osservazione.

Qualcuno leggendo le “sentenze” sopra riportate osserverà che il Sig. Ruini, in quanto tale, esprime liberamente una sua opinione, si vuole forse negare la libertà di parola alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI)o al Monsignore?

Niente affatto, semplicemente sconcerta che il Sig. Ruini, dal palco ben amplificato del Consiglio episcopale permanente debba sentirsi in dovere di disquisire su tali argomenti ben coscio che le sue parole avranno amplissima diffusione e risonanza; allo stesso tempo dovremmo chiederci anche perché mai un pastore di anime dovrebbe discernere di vita di coppia e non di argomenti forse a lui più pertinenti quali la preghiera o la teologia.

Insomma il Sig. Ruini, semplice cittadino italiano ma anche figura pubblica cui il ruolo religioso lo accredita presso molti connazionali (e non solo) di autorevolezza ed autorità, ha approfittato della sua posizione per influenzare la pubblica opinione. Non un bel biglietto da visita per chi si erge a rappresentante della moralità in senso assoluto.

È questo un reato? No, è un fatto, un metodo che però necessita essere sottolineato dal momento che altri semplici cittadini, magari di parere opposto, non possono far valere le proprie opinioni allo stesso modo, un metodo che il Sig. Ruini sa efficace anche nei confronti di molti parlamentari che, consci del potere mediatico ed economico del suddetto e della sua Chiesa, coglieranno il segnale in vista delle elezioni.

Allora siamo forse contrari alle lobbies che nei democraticissimi Usa sono la regola?

No, tutt’altro! Però Siamo contrari al fatto che una lobby prosperi al di fuori di qualsivoglia regola, che possa contare su enormi finanziamenti statali, immunità diplomatiche, esenzioni fiscali, ruoli pedagogici pubblici, posizioni dominanti e, soprattutto, nessun controllo.

E questo nel metodo, ma nel merito di tali affermazioni?

Bene, nel merito ci fa piacere constatare che, nel suo discernere, il Cardinale voglia mostrarsi padrone della materia che tratta e ci istruisca con tanta solerzia riguardo quali siano le “vere” intenzioni di ogni tipo di coppia nell’unirsi, che si tratti delle coppie etero o delle omosessuali, di quelle prematrimoniali o extra matrimoniali; ma costui su cosa basa affermazioni definitive se, oltretutto, mai ha esperito alcuna di tali situazioni?

Ed ancora, ammesso contro ogni realtà o logica, sia che la Costituzione sia fonte di verità assoluta (quale per deformazione professionale il Cardinale pare considerarla alla stregua del Vangelo) sia che le valutazioni di merito sulle coppie non sposate (omosessuali o meno) del Cardinale siano vere, una domanda va posta:

quelle “poche” coppie di fatto che tali pretendono di essere riconosciute nei loro diritti non meritano, Sig. Cardinale, carità cristiana prima (e mutua assistenza “in salute ed in malattia”) e rispetto dallo Stato poi?

Forse che un diritto ed una buona legge non sono meritevoli e fattibili in base al numero “davvero minimo” dei beneficiari i cui diritti legittimamente tutelerebbero?

Ma Don Camillo, non pago, insiste: “Anche le, assai meno numerose, unioni omosessuali non sempre sono alla ricerca di riconoscimenti legali: anzi, molte di loro ne rifuggono per principio e desiderano rimanere un fatto esclusivamente privato”.

Sfugge forse al Cardinale, o forse ignora, che il Codice Civile proprio i rapporti privati regolamenta?

Comunque il Nostro ha ragione, al contrario delle chiassose cerimonie in cattedrale che le gerarchie ecclesiastiche amano celebrare e che la Chiesa si concede così spesso di annullare a noti personaggi, le unioni omosessuali (e non solo quelle) sono, non solo “molte” ma tutte, rapporto tra persone; quel rapporto che permette di condividere l’esistenza ed assistersi nella malattia, di godere di quei diritti che affinità e parentela assicurano, quei diritti che Lei, Sig. Ruini, vorrebbe negati, quelle unioni sono appunto “fatto esclusivamente privato” che a lei nulla chiedono perché in nulla la riguardano.

Insomma Monsignore è tempo che lei si candidi alle elezioni per sottoporre agli elettori le sue idee, la sua morale, la sua libertà e la sua concezione della storia, della scienza, del diritto.

O forse, come divorzio, aborto, uso di vaccini, trasfusione e preservativo ci insegnano senza bisogno di andare troppo lontano nella storia della Chiesa, è una questione di diritti, di libertà e di rispetto che forse è bene lasciare al libero arbitrio degli uomini mentre la Chiesa si occupa finalmente solo di questioni attinenti lo spirito.

Tertium non datur.